Se qualcuno oggi mi chiedesse cosa penso del marketing su Facebook, risponderei più o meno come rispondevo una decina di anni fa:
[st_box type=”success”]Il Marketing su Facebook non esiste. Esiste il ruolo di Facebook in un piano di web marketing.[/st_box]
In questo articolo ti spiego il reale significato di questa affermazione.
All’inizio
Nel 2008 mi sono iscritto a Facebook. Mi occupavo di web marketing già da circa 5 anni. Mi sono iscritto per pura curiosità, come credo tanti altri.
In quel periodo curavo e gestivo Web Marketing Forum, una miniera di idee e discussioni interessanti sull’argomento e la mia azienda si occupava ormai da diversi anni di web marketing per ecommerce e altre attività.
Per i primi 2/3 mesi su Facebook mi sono semplicemente “ambientato”: connessioni con amici vecchi e nuovi, qualche conversazione, condivisione di discussioni del forum, ecc…
… fino a quando ho iniziato a gestire le prime “pagine fan” (allora si chiamavano proprio così) e mi sono immediatamente reso conto che la semplice pubblicazione di informazioni, notizie, curiosità riguardo a un particolare argomento attraeva quasi in automatico, e senza l’ausilio di inserzioni pubblicitarie, utenza interessata. Ciò accadeva perchè a quel tempo le dinamiche di comunicazione su Facebook si basavano su quello che io per primo chiamai PASSAPAROLA AUTOMATICO.
In altre parole, era facile vedere nel proprio newsfeed le azioni/interazioni compiute dagli amici su alcune pagine fan. Vedevo chi tra gli amici era appena diventato fan di una pagina e chi aveva commentato un post. Nel caso in cui fossi, come il mio amico, interessato allo stesso argomento, potevo decidere a mia volta di diventare fan della pagina e iniziare ad interagire, innescando a tutti gli effetti un CICLO IN GRADO DI AUTOALIMENTARSI, poiché altri amici avrebbero visto le mie azioni e così via. Su questo si basava l’ormai vecchio sistema SALG di cui ho anche parlato in questo articolo sui ruoli del passaparola in un piano di web marketing.
Ho intuito che tutto ciò aveva un valore e tale attività poteva ricoprire un determinato ruolo in una strategia di web marketing. Ho capito anche che era possibile sfruttare il passaparola automatico per “alimentare” alcune attività esterne a Facebook stesso (specie attività di lead generation). Da qui in avanti ho iniziato a osservare e studiare come alcune (ancora pochissime a dire il vero) aziende si relazionavano in maniera efficace con i fan.
Cosa intendo per “efficace”? Mi riferisco ad aziende (soprattutto PMI) che adoperavano Facebook principalmente per:
- Sfruttare la forza del passaparola automatico per intercettare nuovi potenziali clienti (anche facendo leva sui clienti già acquisiti).
- Utilizzare Facebook per fornire assistenza ai clienti acquisiti (e così facendo, innescare comunque passaparola automatico).
[st_box title=”Era ancora il periodo delle – app gioco engegggmend -” type=”info”]Ti ricordo che parliamo del periodo in cui tutti gli altri, comprese grandi e importanti aziende, utilizzavano Facebook come un parco giochi e si facevano sviluppare app delle peggiori specie al fine di “coinvolgere” gli utenti su Facebook per poi ottenere non si sa bene cosa.
Ecco… dove sono ora le app Facebook delle aziende? I giochini virali per vendere auto o formaggio? e altre abominevoli iniziative il cui fine, secondo loro, doveva essere la brand awareness (capro espiatorio per giustificare le iniziative più stupide)? Ovviamente, nel cesso. Qualcuno si sarà accorto a un certo punto che la strategia finalizzata alla vendita è una cosa ben diversa… anche quando si parla di “social”.
Papà papà voglio anche io un’app tutta mia, così come i miei amici grandi brand!
Ok, chiamo tuocuggino che ne fa di belle.[/st_box]
Al lato opposto si trovavano i detrattori per sport. Tutti quelli di cui negli anni ho dovuto subire le “opinioni” e i “pregiudizi” che in termini professionali valgono zero. Mi serviva solo un pò di tempo e pazienza 😉
Era quello il periodo in cui iniziai a scrivere di Facebook per alcuni giornali.
Dall’intuizione ai risultati
La sfida più importante non è stata di certo capire come utilizzare Facebook in maniera strategica (almeno per me), quanto dimostrare che alcune volte l’utilizzo CORRETTO E SENSATO di pagine fan, plugin sociali, ecc., potesse contribuire (insieme al resto) a produrre risultati reali, cioè VENDITE!
Mi sono sempre occupato di web marketing strategico e quindi per me i risultati, in termini di conversioni (cioè lead, vendite, iscrizioni, ecc.), si misuravano con Google Analytics e software simili… almeno fino a quando mi sono accorto che Google Analytics “non la raccontava giusta“…
Non voglio tediarti con dettagli tecnici e cerco di spiegarti sinteticamente cosa è successo.
Le prime sperimentazioni di tracciamento dei risultati
Ho sempre sperimentato su me stesso tutte le idee più strambe prima di proporle ai clienti. Allo stesso tempo, non ho mai utilizzato me stesso come caso studio pubblicamente, perchè non lo ritenevo nè corretto nè necessario.
Per integrare Facebook in una strategia di vendita online e misurarne i risultati (avendo massima autonomia nelle decisioni) potevo contare sulla vendita di un prodotto digitale. Un corso in dispense in cui spiegavo le basi del marketing su Facebook e la cui vendita mi permetteva di capire cosa davvero stesse accadendo e se Facebook fosse in qualche modo coinvolto nel processo di vendita.
La strategia che attuavo si basava su una sorta di “ConnectionFunnel®” primordiale. L’idea era intercettare su Facebook potenziali clienti e farli iscrivere ad una newsletter (o farli diventare fan). Scrivere contenuti ed email fornendo informazioni di valore e promuovere più o meno direttamente la vendita del corso:
Intercettazione e Lead generation -> Newsletter/articoli/contenuti -> Vendita
Oggi è un modo di operare molto diffuso e in molti dicono di averlo inventato ieri… 😀
Utilizzavo prevalentemente Facebook per fare lead generation semplicemente perchè nessuno, quando ho iniziato io, cercava un corso di marketing su Facebook (anche perché non esistevano). In altre parole nessuno cercava su Google direttamente ciò che intendevo offrire, ma cercavano informazioni generiche sull’argomento Facebook che intercettavo pubblicando (e posizionando su Google) appositi articoli 😉
L’attività di lead generation con l’ausilio di appositi plugin di Facebook, facendo quindi leva sul passaparola automatico, era strabiliante: migliaia di lead al costo di pochi centesimi. Il numero di lead acquisiti con Facebook era (ovviamente) nettamente superiore rispetto al numero di lead acquisiti grazie al traffico (organico) da Google.
Il corso in dispense si vendeva quasi tutti i giorni. Quindi in un modo o nell’altro la strategia funzionava MA, analizzando i dati di conversione di Google Analytics, sembrava che gran parte delle conversioni fossero effetto di visite dirette e ricerche del brand su Google.
In altre parole Google Analytics diceva:
L’utente che ha acquistato è arrivato direttamente sul sito…
Oppure
L’utente che ha acquistato ha cercato “Friendstrategy” o “Alessandro Sportelli” su Google…
Quasi mai la conversione era attribuita a Facebook. Strano, molto strano, dato che Facebook era la fonte di lead numero 1.
[st_box title=”Nota per i più tecnici: ” type=”info”]Nel periodo in cui è iniziato questo test non esisteva nè la “Google Universal Analytics e il relativo tracciamento per ID” nè il “tracciamento dei percorsi di conversione di Analytics“. Per quel che riguarda quest’ultimo ho ampiamente dimostrato essere, nel mio caso, fallimentare (dati alla mano).[/st_box]
Quindi la prima domanda era:”E’ possibile che nonostante l’azione importante di lead generation su Facebook, la maggior parte delle conversioni fossero da Analytics attribuite a visite dirette e ricerche del brand?”
La seconda domanda era:”Se chi converte accede direttamente al sito e cerca direttamente il nome del sito, vuol dire che in qualche modo è già entrato in CONTATTO con noi in PRECEDENZA e quindi… cosa diavolo è successo PRIMA?”
Ho iniziato a chiamare al telefono i clienti e chiedere a loro direttamente COME CI AVEVANO CONOSCIUTI. Il risultato confermava la mia intuizione, ma ancora una volta non la dimostrava: gran parte dei clienti affermavano di averci conosciuto tempo prima (ANCHE MESI PRIMA) su Facebook.
Durante queste conversazioni con i clienti ho scoperto su quale aspetto avrei dovuto concentrarmi…
Non mi concentravo sulla questione più importante: Il TEMPO
Prima di Facebook, e quindi prima dell’intercettazione strutturata di quella che io per primo in questo ambito ho chiamato DOMANDA LATENTE, ero abituato ad attendermi risultati diretti e immediati dalle azioni di web marketing di qualunque genere. Google mi aveva abituato a questo e, in un certo senso, mi aveva illuso 🙂
Da qui l’errore di valutazione principale: mi aspettavo di ottenere da Facebook risultati di vendita diretti e quasi immediati e di poterli tracciare come avevo sempre fatto. Cazzata!
Parlando al telefono con i clienti ho infatti scoperto che potevano passare mesi (e in alcuni casi anni!) dall’iscrizione alla newsletter fino all’acquisto e Google Analytics ovviamente non era in grado di tracciare processi di acquisto così lunghi. Questa è la ragione per cui le conversioni erano attribuite (come ultima fonte di traffico) quasi sempre a Google (sarà un caso? :D) o a visite dirette.
Il tempo e la domanda latente (il tool)
Dopo un sacco di tempo, energie e denaro speso e dopo aver capito che da alcune azioni di marketing su Facebook (specie in merito all’intercettazione di gente che NON ci conosceva) non potevo aspettarmi risultati immediati e diretti, dovevo tracciare io stesso i dati in maniera diversa e ho fatto sviluppare dai tecnici della mia azienda un tool il cui obiettivo era registrare i seguenti dati:
1. Indirizzi email e data di iscrizione degli iscritti alla newsletter
2. La provenienza del visitatore che si era iscritto alla newsletter (Google, Facebook, ecc.). Quello che potremmo considerare il primo contatto.
3. Indirizzo email di chi effettuava un acquisto e data di acquisto
Mi bastavano questi dati per scoprire, qualora gli indirizzi email di iscrizione alla newsletter e registrazione per l’acquisto coincidessero, quanto tempo era passato tra le due azioni e quale fonte di traffico aveva permesso al cliente di CONOSCERCI.
Ora i conti iniziavano a tornare.
[st_box title=”Il tool fatto in casa mi ha permesso di scoprire che:” type=”success”]1. Alcuni clienti acquistavano dopo 1 giorni, altri dopo 3 anni!
2. Molto spesso la prima fonte di traffico, ovvero il luogo virtuale in cui il cliente era entrato in contatto con noi, era proprio Facebook.[/st_box]
Per gli altri dettagli tecnici del test, puoi consultare la seconda parte di questo articolo.
E’ anche possibile misurare con certezza e in maniera professionale questi dati utilizzando alcuni CRM e/o appositi sistemi di tracciamento, così come il tracciamento ID di Google Universal Analytics. Ne conosco alcuni come ad esempio SitoVivo (in Italiano), oppure InfusionSoft, HubSpot, ecc, ma ti prego di verificare funzionalità e specifiche direttamente con i fornitori.
Dal Passaparola Automatico a Facebook ADS
Il tempo passa e il passaparola automatico è praticamente moribondo (ne ho parlato anche nel 2014 in questo articolo). Non funziona più bene come un tempo e, principalmente per questo motivo, Facebook ADS è diventato in molti casi indispensabile. Nel 2010 scrissi la prima guida sull’argomento Facebook ADS in Italia, proprio perchè (al netto dei vari lamenti e pianti disperati dei soliti socialqualcosa) la direzione era ormai chiarissima.
Cosa cambiava nella strategia che vedeva Facebook svolgere un ruolo importante nell’intercettazione di domanda latente? Niente. La strategia rimaneva intatta. Cambiavano solo alcuni dettagli dell’applicazione e… i costi.
[st_box title=”Ricorda: ” type=”info”]Il metodo non cambia, l’applicazione si.[/st_box]
Prima alcuni lead erano “gratis”, ragion per cui il costo medio per lead poteva esser molto basso. Ora i lead costano di più, anche perchè (ma non solo) il passaparola automatico non funziona più come prima.
Intuizione -> Sperimentazione -> Dimostrazione ->…
Sono partito diversi anni fa intuendo che Facebook potesse, in alcuni casi, svolgere un ruolo importante nei piani di web marketing.
Ho sperimentato e dimostrato innanzitutto a me stesso che in effetti l’intercettazione di domanda latente su Facebook portava risultati reali e misurabili, e spesso non diretti e immediati (cioè dipende ovviamente dal processo di acquisto tipico di alcuni prodotti/servizi).
Ho sperimentato sui nostri clienti, con successo, ciò che avevo capito.
Ho scritto un libro dal titolo “La Pubblicità su Facebook – solo i numeri che contano”, la cui introduzione descrive come Facebook deve essere efficacemente integrato in una strategia di web marketing e quali ruoli svolge. Alcuni dei ragazzi che lo stanno studiando iniziano ad ottenere risultati reali. Non avrei potuto farlo se non mi fossi sbattuto per anni nel cercare di comprendere e dimostrare la validità di alcune intuizioni.
Facebook e l’elaborazione del ConnectionFunnel®
Esperienza e studio dell’integrazione di Facebook nei piani di web marketing mi hanno permesso di elaborare idee che vanno bel oltre Facebook.
In questi anni ho capito e imparato che:
1. Per moltissime aziende può rivelarsi opportuno e alcune volte indispensabile, intercettare DOMANDA LATENTE (non solo con Facebook).
2. Facebook può svolgere diversi ruoli in un piano di web marketing (diversi da caso a caso), individuati in maniera precisa nell’elaborazione del ConnectionFunnel®
3. Intercettare domanda latente (non solo online e su Facebook!) significa aspettarsi risultati NON sempre “immediati”, ragion per cui è quasi sempre necessario creare appena possibile una CONNESSIONE, che rappresenta uno dei punti forti del ConnectionFunnel® (e da cui prende il nome), per poi accompagnare gradualmente il potenziale cliente dall’interesse/curiosità fino alla vendita. Questa è una delle ragioni per cui con Google Adwords e Facebook ADS è possibile fare remarketing.
4. E’ sempre bene verificare che i sistemi di analisi dicano la verità 🙂 e ciò non vuol dire che possiamo fare a meno di tracciare le conversioni!
Torniamo quindi alla citazione iniziale.
[st_box title=”Autocitazione” type=”success”]Il Marketing su Facebook non esiste. Esiste il ruolo di Facebook in un piano di web marketing.[/st_box]
L’esperienza, precedente a Facebook, di progettazione di strategie di web marketing mi ha permesso di osservare e giudicare professionalmente Facebook in maniera scientifica, senza basarmi su alcun particolare pregiudizio. Non l’ho mai giudicato nè come la rivoluzione del marketing digitale nè come del tutto inutile ai fini del web marketing. Mi sono semplicemente chiesto se e come poteva contribuire a portare risultati reali e mi sono in questi anni ampiamente risposto.
Questo è il motivo per cui, basandomi sulla mia esperienza, posso affermare che i risultati reali arrivano solo quando Facebook svolge il ruolo corretto in una strategia di web marketing (e non è detto lo svolga in tutti i casi e allo stesso modo). Al contrario, pensare a Facebook come strategia di web marketing “isolata” vuol dire quasi sicuramente considerare i numeri che NON contano (fan, mipiace, condivisioni, ecc.) come risultati, quando in realtà le aziende vivono di fatturato, non di mipiace.
Bella questa storia vero? Ma c’è un problema.
Si, è una bella storia. Ho intuito, sperimentato e dimostrato l’efficacia di un processo/sistema di vendita online.
Se fossi stato “miocuggino” avrei detto a tutti che ho trovato la soluzione ideale per curare i mali di qualunque azienda. Se fossi stato “miocuggino” avrei potuto VENDERE questa storia organizzando dei corsi di formazione e dimostrando che nel mio caso aveva funzionato e nessuno avrebbe potuto contestarlo.
Ma c’è un problema: io non sono miocuggino.
Nonostante i miei esperimenti siano perfettamente riusciti e nonostante avrei potuto dimostrare i risultati ottenuti da questa specifica strategia, non l’ho mai utilizzata per promuovermi e non l’ho mai rivenduta.
Perché? Perché sapevo dentro di me che una strategia di vendita di quel tipo potesse NON andare bene in tutti i casi. Certo poteva andar bene (e va molto bene) per i corsi di formazione, ma NON era ovvio potesse adattarsi alla vendita di lavatrici. E’ questa la ragione per cui non mi sono fermato e ho continuato a studiare fino a quando non ho capito che guardavo nella direzione sbagliata.
Ero concentrato su “come fare a vendere” invece che “come, quando e perché i clienti acquistano“.
La chiave di tutto era nello studio dei processi di acquisto dei clienti. Quando sai bene come acquistano i tuoi clienti, allora puoi elaborare una strategia di vendita online che ben si adatti alla tua azienda/prodotto.
I clienti non acquistano allo stesso modo una casa e un paio di mutande. Come puoi pensare di utilizzare la medesima strategia di vendita per venderle entrambe?
Strategie, tattiche, strumenti possono cambiare. Il metodo per elaborare le strategie non è mai cambiato. Il nostro metodo si chiama ConnectionFunnel ed è stato l’argomento principale delle 3 edizioni del corso di Web Marketing per Imprenditori (ora disponibile online).
Se cerchi un consulente/agenzia con “gli attributi”, che sappia come utilizzare Facebook strategicamente, scegli tra i Connection Manager (professionisti certificati) presenti nel motore di ricerca www.wmi.it
Se invece vuoi imparare di più sul web marketing strategico, il corso numero 1 in Italia è questo: www.corsowmi.it
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Alla prossima
Alessandro
p.s. Ricorda: Il Web Marketing è una scienza, non un’accozzaglia di strumenti!
Ciao Alessandro!
È sempre bello poter leggere i tuoi articoli!
Hanno un significato straordinario!
La mia domanda è:quando parli di connection funnel esso si può inserire in una optin page dove fare ricadere il potenziale cliente?!eh se si quale?!
Grazie di cuore per i tuoi spunti di valore!
Sto studiando come nemmeno all’università!grazie!
Ciao Emanuele, ti ringrazio. Il ConnectionFunnel è il metodo che utilizzo per pianificare qualunque strategia di web marketing e che spiegherò nel dettaglio nei prossimi mesi. Non è un applicativo, un software, ecc. 🙂 Accenno qualcosa in questo articolo (al punto 4).
Grazie ancora
Complimenti.
Bel colpo.
Ciao Alessandro, innanzitutto complimenti per il post e la condivisione della tua preziosissima esperienza che, insieme al libro e agli altri contributi, mi hanno aperto un vaso di Pandora, convincendomi a sfruttare appieno le potenzialità di Facebook.
Ho potuto così integrare le mie strategie SEO-SEM-AdWords con FB e devo dire che mi sto “divertendo” insieme ai miei clienti. La fase più bella è quella della pianificazione della strategia e della sperimentazione e penso che queste siano tra le fasi più importanti del processo.
Ciao Michael e grazie, la fase delle pianificazione della strategia è sicuramente la più bella, concordo. L’analisi invece è la più barbosa, ma anche la più utile 🙂
grazie
Bell’articolo…
Ciao Alessandro,
articolo molto ben scritto, ma vorrei avere maggior dettagli sul fatto che a tuo parere l’utilizzo di Google Analytics sia fallimentare.
Ad esempio per quali business ritieni che sia corretto tracciare il comportamento utenti fino a 3 anni nel passato e perché pensi che un attribution first click sia meglio di un altro attribution model?
Trovo rischioso affermare che l’utilizzo di un tool sia fallimentare senza mostrare i dati che lo dimostrino, il rischio, soprattutto se fatto da persone influenti come nel tuo caso, è di alimentare falsi miti che rischiano di influenzare non in modo corretto gli addetti al web marketing.
Ciao Filippo, non è mia intenzione alimentare falsi miti sia in un senso sia nell’altro, anche perchè non ne avrei alcun particolare interesse.
La mia frase è “Per quel che riguarda quest’ultimo ho ampiamente dimostrato essere, nel mio caso, fallimentare”. Parlo quindi del mio particolare caso e non ho mai avuto intenzione di affermare che l’utilizzo di Analytics è “in genere” fallimentare. Quello che intendo affermare è ben altro:”Utilizziamo Analytics e gli altri tool tenendo pur sempre in considerazione che potrebbero non effettuare sempre analisi precise”. Per quel che riguarda il resto, e cioè i DATI, il topic giusto non è quello in cui ci troviamo, ma questo: http://www.friendstrategy.it/articolo/283/web-marketing-i-numeri-che-non-contano.aspx
Ti ringrazio
Rispondo qua per completezza, interessante l’altro articolo, ma solleva altre domande.
Essendo tu un influncer dichiarare senza esempi che nel tuo caso è stato fallimentare senza link od esempi di casi specifici in cui è stato fallimentare è a mio parere rischioso, si potrebbe indurre le persone a pensare che per misurare i risultati di Facebook google analytics è inutile, cosa non sempre vera, come hai sottolineato anche tu nel commento. Domanda è sempre stato fallimentare nella tua esperienza?
Mi piacerebbe capire quali sono i tipi di business secondo te in cui un analisi dei dati a 3 anni è utile e vantaggiosa per il business? Quando il costo di implementazione ed imagazzinamento dei dati è vantaggioso?
Ad esempio per una startup lo consiglieresti?
Per un negozio retail?
Oppure data un’analisi che prende in considerazione azioni a 3 anni, come ottimizzeresti il budget di un’azienda in cui vedi l’utente colpito da facebook 3 anni fa, portato alla conversione (registrazione alla newsletter) da un attività di display awareness, e poi all’acquisto di un prodotto attraverso un primo click da una dem effettuato un mese fa e poi da una ricerca search brand nell’ultima settimana?
Il ConnectionFunnel applica un attribution model first click dove alla prima azione fatta dall’utente (la connessione) attribuisco la conversione.
Ma un attribution first click, al pari di un attribution last click racconta solo una parte della storia, dimenticandosi di tutti gli altri momenti di contatto.
Concordo con te: bisogna prendere in considerazione tutto il funnel, 30 giorni di dati possono non essere abbastanza, ma a mio parere bisogna andare oltre e non solo al primo punto di contatto, è necessario stabilire se 1000 giorni dal primo contatto alla conversione sono utili all’analisi oppure no, altrimenti si rischia di fare un’analisi fine a se stessa e non utile al business reale.
A mio parere avrebbe più senso parlare di tracciamento delle micro conversioni utili al business, non solo monitorare la transazione.
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Seconda conversione: acquisto
Ciao Filippo, cerco di rispondere alla tue domande con la piena consapevolezza che sarà difficile rispondere in maniera esaustiva in un commento scritto, seppur lungo e sarebbe molto più facile spiegarsi a voce di persona e se lo desideri sono disponibile.
Premessa
Il focus di questo articolo, così come di quello che ti ho segnalato, non è Google Analytics, ma l’analisi dei processi di acquisto online (e offline). Secondo me analizzare, o meglio scovare le cause e tutti i fattori che influenzano e determinano un processo di acquisto non equivale ad analizzare i dati di un tool, qualunque esso sia.
Cosa intendo? Che la tecnologia che fortunatamente abbiamo a disposizione è a “supporto” di questo tipo di analisi, ma difficilmente può essere efficace al 100% per mille motivi e fattori che, come sappiamo, possono influenzare le scelte di acquisto in un connubio di interazioni online e soprattutto offline tra utenti e aziende. Io stesso un tempo ero certo fosse tutto precisamente misurabile fino a quando non ho compreso l’ovvia verità che una semplice chiacchierata offline può influire su un processo di acquisto online e, ovviamente, viceversa. Dunque, ancora secondo me, quello che noi riusciamo ad analizzare con i tool è molto spesso l’effetto, non sempre la CAUSA. Per questo cerco di impegnarmi nella ricerca della causa. Spero di aver reso l’idea.
Torniamo alle tue domande
Cerco e spero di rispondere alla tua domanda con una sola ed unica risposta, premettendo il fatto che mi sento abbastanza allineato alla tua opinione:
Premesso che l’esempio dei 3 anni va considerato, appunto, come un esempio, ritengo che qualunque tipo di azienda dovrebbe sforzarsi di CAPIRE quale processo di acquisto seguono i clienti a prescindere da quanto duri (ovvio che non mi riferisco all’azienda nata ieri). Se dura un giorno o un mese per me in realtà non è importante. Ciò che per me è importante è comprendere con maggior precisione quanto dura (davvero) in media un processo di acquisto e quali azioni/canali ne determinano più di altri il successo.
Come faccio? Oggi, a differenza di quando iniziai quei test, esiste la possibilità tramite la Universal Analytics (correggimi se sbaglio) di tracciare gli id utente, associate a determinate “microconversioni”. Converrai che questo cambia completamente le carte in tavola e conferisce maggiore certezza ai dati.
Dire che il ConnectionFunnel applica un’attribuzione (solo) first click non è corretto. E’ corretto invece che il ConnectionFunnel attribuisca il giusto valore al first click come ipotetico primo contatto con il cliente, ma non significa che ciò che viene dopo non vale nulla, anzi. Il problema è che per attribuire il corretto valore al first click bisogna innanzitutto conoscerlo 🙂 Oggi abbiamo la possibilità di conoscerlo (o avvicinarci molto), come tu mi insegni, associando quella che chiami microconnessione, come l’iscrizione ad una newsletter, ad un id utente e, anche se lo stesso diventerà cliente dopo mesi e 50 visite al sito, noi lo sapremo.
Credi sia un dato inutile in alcuni casi? Te la senti di non considerarlo a priori?
Tu dici:”A mio parere avrebbe più senso parlare di tracciamento delle micro conversioni utili al business, non solo monitorare la transazione.”
Il punto è, Filippo, che sto cercando di dire praticamente la stessa cosa 🙂 Tracciando le microconversioni è probabilmente più facile conoscere davvero l’intero processo.
Grazie ancora e a disposizione per una chiacchierata anche a voce se ti va. Non sono di certo un esperto di Analytics e sarei felice di imparare qualcosa di nuovo.
Ciao Alessandro!
Ho appena letto il tuo articolo tutto d’un fiato e non posso che farti mille complimenti, grande!